MARCO BETTIO
La pittura è sempre, in un modo o nell’altro, luogo di ritualità.
UNA MONTAGNA
La pittura è sempre, in un modo o nell’altro, luogo di ritualità. A prescindere dal risultato che il pittore riesca a conseguire o dal suo approccio al medium.
La pittura, oggi, rappresenta per me il luogo ed il tempo del viaggio. Un viaggio che mi porta verso il desiderio come stimolo vitale, ma anche un viaggio che mi mantiene in relazione con la terra che accoglie il mio passo, con il luogo in cui vivo come con i luoghi dove ho vissuto.
Dipingere un paesaggio, o più correttamente il frammento di un paesaggio, mi permette di appropriarmi di un luogo, una storia, una cultura, che mi appartiene solo marginalmente, nel tempo in cui ci ho vissuto o ci sto vivendo. La montagna (le Dolomiti, il Cadore di Tiziano) è stato per tanti anni il buen retiro, un luogo diventato la casa dove tornare, pur senza abitarci mai veramente. Ci tornavo da Padova, da Pistoia, da Imperia, da Milano, da Torino, dalle città dove vivevo.
Arrivato in Valle d’Aosta ho sentito una inconsapevole necessità di fondere presente e passato, luogo reale e luogo ideale, le vette folli e infuocate del Vajolet con quelle così straordinariamente imponenti del massiccio del Monte Bianco, con l’iconicità quasi irreale del Cervino, o con quelle paterne dell’Emilius e della Becca di Nona che dominano Aosta e rappresentano il mio primo sguardo sul mondo ogni mattina, fumando la prima sigaretta.